A Barile si mangia e si beve e l’amore si fa
Talvolta il cibo soddisfa più di un bisogno fisiologico e appaga più di un piacere momentaneo.
Ci sono situazioni in cui soddisfa la curiosità di sapere qualcosa, senza che venga esplicitato e rivelato a parole, su chi l’ha preparato, sull’amore che c’è dietro, sul territorio e sulla sua storia. E appaga la necessità di entrare nella memoria dell’uomo, tessere una relazione con il passato e creare un proprio, spontaneo e irremovibile, ricordo.
Inoltre ogni tanto mangiare equivale a leggere una caterva di guide turistiche per poi finalmente entrare in una chiesa medioevale e scoprire che non sono importanti le date e la successione dei vescovi, perchè è nel mosaico più piccolo che cominciano a brillare gli occhi e si trova la propria appartenenza.
Scoprire, allora, che è nei dettagli la meraviglia ed è negli imprevisti, quando si è assolutamente impreparati, lo stupore della vita. Noi di ilmioviaggioinbasilicata siamo qui per raccontarvelo.

La scoperta e la meraviglia
Si scopre così, stupore e meraviglia, in quelle città di passaggio, di cui non si è mai sentito parlare, e si ironizza del nome e dell’accento degli abitanti; si fanno due passi brontolando che c’è solo salita, solo roccia e se si guarda indietro si vede un panorama incontaminato e brullo che a volte mette paura.
Si capisce che non si vuole tornare più indietro, che è nelle città difficili e nascoste che si custodisce gelosamente il legame più profondo e inesorabile con il tempo in cui di comunità ce n’era solo una, ed eravamo tutti umani.
A fare associazione è il cibo, quello che è semplice, umile e preparto per gli altri, quello che si mette al centro, si condivide e si ringrazia. Questa comunità, feconda e autentica, trova rappresentazione nel suo modo di stare a tavola, le pietanze che ingombrano la tovaglia, e la vicinanza dei posti a sedere.

Siamo a Barile
Siamo a Barile, e qui c’è comunità, c’è cibo, c’è il desiderio di non andarsene via.
Barile sorge su due colline di tufo separate da un burrone ed è un comune che conta poco più di 2500 abitanti, nella provincia di Potenza in Basilicata. Il nome fa pensare a un barile e infatti fa pensare bene.
Perché Barile è famosa per il vino che viene coltivato e prodotto, e di barili di legno per conservarlo ce ne sono molti.

Il vino Aglianico
Il vino si chiama Aglianico del Vulture, un vino DOC del vitigno Aglianico, che viene spesso annoverato tra i più grandi e sottostimati vini rossi d’Italia. La bellezza di questo vino è il territorio in cui si trovano i vigneti: ai piedi del Monte Vulture, un vulcano spento da millenni, e i barili vengono custoditi dentro le grotte scavate nel tufo.
Non è già questo l’inizio di un romanzo? Però, prima di conoscere le caratteristiche del vino, dobbiamo attraversare una tavola.
Ed è una tavola densa, piena di vassoi e pentole, portate calde e invitante, piatti con nomi in dialetto e con ricette secolare e, uno dopo l’altro, ora scopriamo i principali.

Cosa mangiare a Barile se non la Strazzata?
In tavola viene messa la strazzata, una focaccia col buco tipica di Avigliano e dell’Alto Basento caratterizzata dalla forma a ciambella. Ma realmente a distinguerla dalle altre focacce è la mano pesante di pepe unito all’impasto di farina di grano tenero, semola di grano duro, sale e lievito madre. Il modo in cui si mangia dà il nome alla focaccia; quindi la strazzata si mangia come si chiama, ovvero “stracciata, strappata” con le mani anziché con il coltello.
Da questo già vediamo com’è il trattamento del cibo lucano: onesto, genuino e tattile. Viene sempre ricercato il contatto materico e istintivo tra corpo e il suo nutrimento.

Il coltello si usa solo per dividerla in due, per poi farcire la strazzata. Per la farcitura la scelta è ardua, perché la gamma delle possibilità è vastissima. Ci sono i formaggi: il Caciocavallo podolico, il Canestrato di Moliterno, la ricotta forte; poi, i prosciutti, salami e salsicce; e la ciambotta, uno stufato di peperoni, zucchine e melanzane tonde. Attenzione, però, a non confondere la strazzata con le strazzate, che sono dei biscotti materani tipo brutti ma buoni a base di mandorle e cacao.

La fucuazza
La competitor della focaccia barese, è la fucuazza. La fucuazza è come una focaccia, ma bassa e croccante, viene cotta in teglia e condita cu la prmmarora, cioè tantissima salsa di pomodoro, origano e olio extravergine. Una bontà.
Arrivano le prime portate, che sono ricche e abbondanti, eppure composte da ingredienti che anticamente venivano considerati poveri, e oggi sono molto ricercati.
Condimento da mangiare a Barile: il Ragù rosso alla potentina
Sono paste a volte piccanti e mai noiose, condite con il ragù rosso alla potentina. Si tratta di un sugo tipico per la pasta che è caratterizzato dagli ‘ntruppicc, i cosiddetti “intoppi” costituiti da pezzetti non sminuzzati di carne, che può essere di agnello, pecora, maiale, vitello. Imprescindibile è non sminuzzarli.
Altra cosa da mangiare a Barile è la Salsiccia pezzente
Altro elemento imprescindibile è il salame, questo pezzente. Il pezzente non è né una persona meschina né un mendicante, ma è un salume che un tempo era il salume delle classi meno abbienti, perché veniva preparato con le parti del maiale considerate meno pregiate e più grasse. Oggi, invece, è molto ricercato, soprattutto per insaporire il ragù. Il ragù diventa davvero forte solo quando si aggiunge il forte, cioè peperoncino fritto e, magari, una grattugiata di rafano fresco.

Menate
Le manate sono la pasta tipica lucana, una pasta fresca a formato lungo. Per farle serve un impasto di acqua e semola di grano duro, estremamente semplice negli ingredienti ma che per fare le manate occorre seguire un procedimento contorto e per cui bisogna avere pazienza l’impasto, dopo averlo lavorato bene, si deve arrotolare ad anello, poi si forma una matassa, si rigira e stringe tra le mani aiutandosi con la famiglia, la si assottiglia continuando a rigirarla e stringerla, e alla fine, quando ha raggiunto lo spessore giusto, la si taglia a pezzi grossolani.

A guardarla riposare e asciugare sulla spianatoia, si potrà notare come tutte le manate sono irregolari, eppure uniche, sentendo quanto impegno c’è voluto per farle. Per condirle c’è un’ampia scelta: i peperoni cruschi, la mollica di pane, le cime di rapa, i ceci e i fagioli. Tra i secondi, non si può annoverare la lucanica, una portata che si suppone abbia origi dell’Antica Roma.
Lucanica
Non a caso, Marco Terenzio Varrone già ne parla nel suo De lingua latina, risalente al I secolo a.C., scrivendo: “Chiamiamo lucanica una carne tritata, insaccata in un budello, perché i nostri soldati hanno appreso il modo di prepararla dai lucani”. Quindi, la lucanica è una salsiccia di maiale, dalla forma peculiare ricurva, ma è molto di più di questo. La lucanica è un’antica arte locale che si tramanda di generazione in generazione da secoli.

Salsiccia lucanica
La salsiccia lucanica si ottiene dalla sapiente lavorazione di tagli magri selezionati di carne suino. A fare il resto è il legame con il suo territorio, con le condizioni climatiche e gli aromi tipici, a partire dal finocchietto selvatico o il peperoncino. Per i secondi ci sono anche alternative di pesce, come l’anguilla di pantano, ovvero un’anguilla interpretata alla mediterranea, ma in un “pantano”, cioè tagliata a pezzettoni e cotta in una padella con pomodoro, peperoncino, menta e alloro.

Di contorno ci sono cicorie e fave, un piatto semplice e ricostituente, facile da preparare e digerire. Il cibo racconta la storia e della Basilicata il cibo racconta una storia rurale, nutriente e stagionale.
Chiedete anche agli arbëreshe cosa mangiare a Barile
Ma di Barile, il cibo racconta un’unione straordinaria e ancestrale, racconta chi ha trovato, per primo, in questa città una casa, un rifugio, una salvezza. Di Barile, il cibo racconta che è stata fondata sul finire del XV secolo da esuli albanesi in fuga dalle persecuzioni turco-ottomane. Barile, quindi, sorge come zona franca per un popolo e di questo popolo, Barile conserva piatti tipici, usanze e la lingua. Gli abitanti di Barile, infatti, da oltre cinque secoli mantengono l’uso corrente della lingua arbëreshe e la consapevolezza critica della propria identità etnica e culturale italo-albanese. A tutti gli effetti, Barile è una colonia albanese e un comune italiano.

E così, sulla tavola, arrivano le tumacë me tulë, letteralmente tagliatelle con la mollica che tanto ricordano la pasta ca muddica calabrese. Oltre al pane grattugiato e fritto, il condimento prevede salsa di pomodoro, filetti di alici, aglio e prezzemolo. Altre varianti spesso comprendono i legumi: è il caso delle tumacë me fasule (con fagioli) e tumacë me qiqra (con ceci). E poi, arrivano le shëtridhlat, tagliatelle realizzate esclusivamente a mano.
L’impasto a base di farina carosella, semola, acqua calda e olio extravergine viene lavorato a filo continuo: il segreto, ma anche l’abilità e la difficoltà, è che non deve essere mai spezzato, ma arrotolato come su se stesso come un gomitolo fino a farlo diventare sempre più sottile. Le shëtridhlat vengono tradizionalmente condite con olio e fagioli. E da bere, ovviamente l’Aglianico del Vulture.



Allora, è giunto il momento di rivelare le caratteristiche del vino, a cui perfettamente corrispondono quelle degli abitanti.
La prima caratteristica è il colore: un rosso rubino intenso che con l’invecchiamento smorza e assume riflessi aranciati; poi, l’odore: armonico ma che con l’età diventa sempre più penetrante; infine, il sapore: un sapore asciutto, minerale, caldo e tannico al punto giusto, che con l’età, come spesso accade da queste parti, diventa docile, generoso e vellutato.
Sapori lucani e arbëreshe
Concludendo: cosa mangiare a Barile se lo può consigliare solo un Barilese, ma state sicuri che accanto ai genuini sapori lucani incontrerete anche quelli spaziati e forti della cultura arbëreshe.